Materiali

La riflessione sull’approccio al fine vita dei pazienti fa riferimento ad un insieme di discipline non esclusivamente scientifiche. In linea con le medical humanities, questo tema chiama dunque in causa un rapporto sistemico fra la medicina e le scienze sociali, le materie umanistiche, le arti espressive.
L’approccio multidisciplinare permette di conseguire una maggior comprensione empatica degli attori coinvolti nello scenario clinico.

Riportiamo dunque in questa sezione contributi dal mondo scientifico come dal cinema, dalla letteratura e da altre discipline.

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<div class="Divider"><!-- [et_pb_line_break_holder] --> <div class="Divider-text"><img src="http://www.con-fine.it/confine_2017_01/wp-content/uploads/2017/08/Pubblicazioni-scientifiche-01.svg" width="42" height="42"></div><!-- [et_pb_line_break_holder] --></div>

TESTI
SCIENTIFICI

Cure palliative pediatriche in Italia: stato dell’arte e criticità

A cura di Enrico Alleva, Franca Benini, Anna De Santi, Andrea Geraci e Marcello Orzalesi
(Rapporti ISTISAN – 17/06)

Spiritual feasts: meaningful conversations between hospice volunteers and patients

di Planalp S, Trost MR, Berry PH.
(Am J Hosp Palliat Care, 2011 Nov)

After you: conversations between patients and healthcare professionals in planning for end of life care

di Kathryn Almack, Karen Cox, Nima Moghaddam, Kristian Pollock and Jane Seymour
(BioMed Central Ltd. 2012)

Family meetings in palliative care:
Multidisciplinary clinical practice guidelines

di Peter Hudson, Karen Quinn, Brendan O’Hanlon and Sanchia Aranda
(BioMed Central Ltd. 2008)

Family Conference
Uno spazio d’incontro con paziente e famigliari

di Maya Monteverde e Christa Hutz-Pedrazzoli
(Istituto oncologico della Svizzera Italiana – Unità di Cure Palliative 2015)

Applying Sociodramatic Methods in Teaching Transition to Palliative Care

di Walter F. Baile e Rebecca Walters
(Journal of Pain and Symptom Management, 2012)

SPIKES—A Six-Step Protocol for Delivering Bad News:
Application to the Patient with Cancer

di Walter F. Baile, Robert Bukman, Renato Lenzi, Gary Glober, Esterla A. Beale, Adrzej P. Kudelka
(The Oncologist, 2000)

Your conversation starter kit

Created by The Conversation Project and The Institute for Healthcare Improvement

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CINEMA

Wit – La forza della mente

di Mike Nichols (USA, 2001)
con Emma Thompson, Christopher Lloyd, Audra McDonald

Tratto dall’omonimo dramma di Margaret Edson, Wit racconta la vita di Vivian Bearing, insegnante di letteratura inglese a cui viene diagnosticato un cancro ovarico. Concentrandosi sul tema della malattia dal punto di vista del paziente, il film sottolinea anche la formalità tecnica dell’approccio adottato dai medici, incapaci di instaurare un dialogo con i pazienti. Per contrasto spicca la figura dell’infermiera Susie, capace di instaurare una relazione comunicativa con Vivian.

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My life – Questa mia vita

di Bruce Joel Rubin (USA, 1993)
con Michael Keaton, Nicole Kidman, Queen Latifah

Vita e morte si sfiorano nella vita di Robert, che scopre di avere un cancro mentre la moglie Gail è in attesa del primo figlio. Il film sviluppa i temi della riconciliazione e del rapporto con chi verrà: durante i mesi di malattia assistiamo alla realizzazione di videomessaggi che Robert dedica al figlio e al tentativo di risanamento dei rapporti con la propria famiglia.

Un medico, un uomo

di Randa Haines (USA, 1991)
con William Hurt, Christine Lahti, Elizabeth Perkins

Film incentrato sullo stile di comunicazione medico-paziente, racconta le vicissitudini dello spregiudicato chirurgo Jack MacKee dal momento in cui scopre di essere colpito da un cancro. Il riconoscimento della scarsa capacità empatica dei propri colleghi e dell’incapacità ad esprimere comprensione o solidarietà nei confronti dei pazienti diventano motivo di portante del film fino alla sua conclusione.

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LIBRI

La dignità in oncologia

Come misurarla, come trattarla

di L. Buonaccorso, C.I. Ripamonti, A. Maruelli, G. Miccinesi
(Springer Healtcare Italia, 2016)

DOWNLOAD

(…) Medici, personale infermieristico, operatori pastorali che siamo, inseriti all’interno di ambienti sanitari sempre più tecnologici, settoriali e iperspecialistici, abbiamo tutti molti motivi per cui chiedere perdono: per la frettolosità, se non la sgarbatezza, delle nostre risposte; per non saper ascoltare l’avvilimento di chi si ponte dinanzi a noi gravato dalla debolezza del suo male; per non essere in grado di comunicare con empatia nei confronti di chi sta provando angoscia e smarrimento per la sentenza di una diagnosi infausta o per il peggioramento progressivo della malattia, considerando anche quei casi, sempre più numerosi, in cui il paziente non ha alle spalle una rete di affetti autentici e responsabili con cui vivere e insieme far fronte al proprio male; per avere cura, in altri termini, solo del suo soma malato e non anche della sua dignità. Tutti abbiamo il dovere di umanizzare la nostra relazione col paziente al fine di non deturpare né recare danno alla sua dignità di persona, anzi di darle lo stesso rispetto che è a noi stessi dovuto, ritrovandoci a condividere col malato la medesima fragile natura. (…)

Dalla prefazione di Federico Giuntoli